Viviamo ormai da tempo in una società dell’usa e getta, degli sprechi, dell’obsolescenza programmata, del consumismo più sfrenato e in modo più o meno consapevole appoggiamo quasi tutti l’idea che ci possa e debba essere una crescita economica infinita. Guai a prendere in considerazione approcci alternativi.
Chi decide di investire soldi, adotta strategie per massimizzare i profitti, rischiando possibilmente il meno possibile.
Tutto questo per decenni ha portato sempre più benessere e ha migliorato lo standard di vita generale. Il problema è che rischia di avere delle ripercussioni particolarmente negative a lungo termine.
Ecco alcuni esempi concreti in merito:
La storia del fast fashion dimostra come puntare tutto su vestiti sempre meno cari e accessibili immediatamente, abbia causato e causi tuttora problemi enormi di sostenibilità, montagne di rifiuti, sfruttamento in ambito lavorativo, ecc. Questa esigenza di acquistare sempre cose nuove sembra purtroppo aver afflitto anche il mondo dei giochi da tavolo. Avere una collezione di centinaia di titoli pare non bastare più. Bisogna sempre e comunque andare a caccia delle ultime novità. Ma è veramente un bene?
Uno degli aspetti drammatici è che i tentativi di rendere queste e altre attività più sostenibili hanno dimostrato serie lacune.
Nell’ambito alimentare, ad esempio, la situazione purtroppo non è migliore. La nascita e la diffusione dei supermercati ci ha dato la convinzione che il cibo sia sempre e comunque disponibile, con conseguenze catastrofiche (per chi volesse approfondire la tematica, può ad esempio vedere qui). Lo stile di vita attuale occidentale (sia alimentare che non) non è purtroppo realmente sostenibile, dati alla mano, e i tentativi di rendere ad esempio la pesca sostenibile (ma potremmo anche parlare del consumo della carne o dei vegetali o dei giochi da tavolo) sono per il momento miseramente falliti.
Il problema di fondo sembra essere il sistema stesso in cui viviamo.
Fintanto che rimarrà la convinzione che la crescita economica debba essere infinita per garantire il benessere umano, sarà difficile ottenere dei veri cambiamenti.
“In termini relativi l’economia globale si è mossa nella direzione di una maggiore sostenibilità, ma in termini assoluti non ha mostrato negli anni alcuna tendenza verso una crescita deliberatamente più lenta e la decrescita rimane un argomento caro agli economisti ecologici, non un principio guida per aziende o governi. Di conseguenza, possiamo solo ipotizzare quando e come potremmo essere in grado di porre fine alla crescita materiale e forgiare una nuova società capace di sopravvivere senza adorare il dio impossibile del consumo che aumenta sempre: nessun paese fino a oggi si è impegnato a seguire una strada del genere. Due generazioni dopo che tali preoccupazioni sono diventate di dominio pubblico, l’economia cosiddetta ortodossa non ha ancora nessun modello migliore da seguire di quello basato sulla crescita continua.
[…]
Una piccola minoranza di economisti, e molti storici, ambientalisti e gli studenti dei sistemi complessi […] riconoscono l’ovvio, cioè l’impossibilità di una crescita infinita su un pianeta finito, ma i passi che abbiamo compiuto finora sono stati insignificanti e largamente inefficaci rispetto all’ubiquità e alla portata dei rimedi temporanei e delle eventuali soluzioni di lunga durata necessari.”
(Vaclav Smil, Crescita. Dai microrganismi alle megalopoli, Hoepli, Milano 2022)
Persino prendendo in considerazione l’Agenda 2030 con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, si può notare come l’obiettivo numero 8 continui a prevedere una crescita continua dell’economia.
Termini come “economia circolare” o “economia della post-crescita” non vengono ancora seriamente presi in considerazione come alternative. Si continua a sperare nell’innovazione e nel progresso tecnologico come soluzione a tutti i problemi.
Tornando a parlare del mercato dei giochi da tavolo, attualmente sembra esserci un periodo di stagnazione. Ogni anno escono talmente tante novità (più di 1’000 nuovi giochi ogni anno), che di idee realmente innovative se ne vedono molto poche. È un riciclare vecchie idee proponendole in veste nuova, cercando di creare hype o sfruttando sistemi come kickstarter. Chi gioca a giochi da tavolo da decenni, segue tendenzialmente con sempre meno interesse l’evoluzione del mercato e si focalizza su quello che nel tempo si è dimostrato essere un prodotto valido (parliamo di centinaia di giochi da tavolo differenti che hanno resistito alla prova del tempo). Di tutto il resto se ne poteva probabilmente anche fare a meno.
Seguire ogni minimo hype e acquistare annualmente centinaia di giochi è una prassi che chiunque potrebbe e/o dovrebbe provare a mettere in discussione. Lo Youtuber tedesco del canale Brettballett è passato ad esempio da una collezione di 3’000 e passa giochi a una collezione di meno di 300 giochi. Ad un certo punto si è reso conto che la situazione non era più sostenibile, per non dire deleteria. E ci ha dato un taglio.
Qualcosa sembra muoversi anche tra gli editori dei giochi da tavolo. Ce ne sono sempre di più che lanciano nuovi giochi rinunciando a mettere componenti in plastica, perché sì, dal legno si era passati alla plastica anche nei giochi di società, senza rendersi conto che la plastica rappresenta un problema per il Pianeta e che probabilmente in futuro bisognerà fare un grande passo indietro.
Anche un utilizzo responsabile e sostenibile della plastica sembra ahimè una lontana utopia.
Ma quindi, di fatto, cosa possiamo fare?
Le nuove generazioni sembrano essere sempre più consapevoli della necessità di comportarsi in maniera sostenibile per poter continuare a vivere in modo adeguato sul nostro Pianeta.
La speranza è che si possa trovare un modo sano, lungimirante e costruttivo di approcciare sia al nostro hobby legato ai giochi da tavolo sia (soprattutto) a tutto il resto. Cambiare non è mai semplice, ma se c’è una cosa che l’essere umano ha dimostrato di saper fare più che bene è proprio questo: adattarsi per sopravvivere.
Quanto complessa sia la situazione, lo si può evincere da quest’ultimo documentario. Soluzioni semplici purtroppo non esistono (e ovviamente nemmeno idee unanimi).
Siamo giunti alla fine di questa riflessione strettamente personale. Non mi resta ora che tornare a giocare a CO2 di Vital Lacerda, prima edizione (competitiva) e sperare che il mondo non vada a rotoli per l’ennesima volta.
Possibili approfondimenti:
– Silvia Lazzaris è una giornalista di Will Media che affronta varie tematiche legate alla sostenibilità in modo avvincente.
– Vaclav Smil è un pensatore globale che fa sempre riflettere con i suoi libri.
– I servizi presenti su Arte danno di norma interessanti spunti su varie tematiche.
– I documentari Seaspiracy e Cowspiracy su Netflix fanno capire come non ci si possa più fidare ciecamente nemmeno delle organizzazioni non governative (bisogna ormai analizzare qualsiasi cosa con pensiero critico).

Un articolo interessantissimo.
Una cosa che mi mette sempre molto in difficoltà sono i giochi “usa e getta”, come possono essere alcune escape room fatte per essere giocate una sola volta e poi smaltite (poiché pensate per essere tagliate, manipolate, etc.). È vero che spesso (ma non sempre) la maggior parte dei materiali è di carta che si può riciclare, ma mi rimane comunque un senso di sbagliato addosso…
È bello invece che i produttori di giochi comincino a farsi delle domande e ad agire per rendere i propri giochi ecosostenibili, come Earthborn Rangers per dirne uno.
Concordo sul fatto che l’articolo sia interessantissimo e che sia necessario interessarsi ed interrogarsi sulla sostenibilità delle proprie scelte di vita.
Ho solo un paio di pensieri che magari espanderò in un articolo di risposta a questo.
Innanzitutto a mio avviso è necessario pensare anche in termini quantitativi e ragionare su quali siano le azioni (o le omissioni) che davvero hanno un impatto senza lasciare che un approccio emotivo e paritario vada a castrare ogni aspetto della vita.
Inoltre, come sempre mi viene da chiedermi quale sia (o dovrebbe essere) il ruolo del gioco da tavolo nel panorama culturale. Ho sempre considerato i GdT come opere complesse che stanno nello stesso mazzo di romanzi, film, fumetti ecc.
Guardare la cosa in questi termini forse ridimensiona le preoccupazioni relative alla sostenibilità?
Sì, nell’articolo che ho scritto ho intenzionalmente parlato di opinione strettamente personale, perché so che all’interno della nostra stessa associazione abbiamo persone con idee e opinioni molto diverse tra di loro, com’è normale che sia. 🙂
L’affermazione che alcune azioni abbiano un impatto più importante di altre, trova la mia totale approvazione. Non è acquistando meno giochi da tavolo che salveremo il mondo, per dire. 😀
Riportando il riassuntone proposto da Jonathan Safran Foer nel suo libro “Possiamo salvare il mondo prima di cena”, lui prova a stilare delle priorità (chiaramente discutibili):
“Le quattro cose di maggiore impatto che un individuo può fare per contrastare il mutamento climatico sono: avere un’alimentazione a base vegetale, evitare di viaggiare in aereo, vivere senza macchina e fare meno figli”.
Guardando anche il documentario Cowspiracy, emerge come uno degli aspetti più importanti da tenere in considerazione in termini di sostenibilità sia l’alimentazione. Ma ci sono talmente tanti interessi e tanti soldi in ballo, che sono in pochi a parlarne apertamente.
Eppure ci sarebbero argomentazioni anche di tipo salutare.
Quanti sanno ad esempio che dal 2015 l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato che la carne lavorata (insaccati, affettati, salsicce, hamburger, würstel, bacon, ecc.) è sicuramente cancerogena (fa parte dello stesso livello di cancerogenità del fumo)? Non si tratta più di sostenibilità, ma di salute. Come mai sui prodotti ad esempio di bresaola, prosciutto cotto, prosciutto crudo, ecc. non troviamo etichette stile quelle presenti sui pacchetti di sigarette? (Il cancro che può causare l’assunzione di carne lavorata è ovviamente diverso).
È ormai da qualche anno che approfondisco sempre più tutto ciò che ruota attorno all’Agenda 2030. E più scavo, più cose strane scopro. In me purtroppo sta nascendo sempre più la convinzione che probabilmente le cose non cambieranno solo con la buona volontà dei consumatori. Se c’è una cosa che ad esempio l’educazione finanziaria mi sta insegnando, è che chi investe soldi (quindi chi ha soldi da investire, ergo chi è ricco), non ha vero interesse a investire in titoli ESG (considerati fuffa fino a pochi anni fa). Questo significa una sola cosa: fintanto che chi ha i soldi continuerà a investire i propri capitali in attività non sostenibili, difficilmente le cose cambieranno. Perché chi ha i soldi ha il potere sotto tanti punti di vista (pubblicità, tribunali, ricerche accademiche, ecc.).
Insomma, mi pare sempre più ovvio che sia il sistema stesso il problema. Parlo della società dei consumi e del sistema economico per com’è concepito. Qual è l’aspetto più drammatico della storia? Non vedo nemmeno alternative facili e particolarmente valide da adottare. Le ripercussioni ad esempio di una decrescita non sarebbero di certo semplici da prevedere e men che meno da gestire.
La mia speranza ultima è che il mio pessimismo attuale sia ingiustificato. Diciamo però che se dovessi scommettere sul nostro futuro, beh, non avrei ahimè tanti dubbi (e questo mi fa pensare).